Negli ultimi anni la rievocazione storica ha assunto un valore importante di attenzione da parte degli studi antropologici nel nostro paese. Vari professori universitari, che lavorano sul tema, approfondiscono il fenomeno in centri di ricerca sparsi in tutta la nazione e da vari anni si sono avvicinati al mondo della rievocazione storica con un approccio scientifico che ci fa ben sperare per il futuro. Di larga diffusione sono i volumi pubblicati dal prof. Fabio Dei e dalla prof.ssa Caterina De Pasquale sulle rievocazioni storiche viste dal punto di vista antropologico:
- Dei, C. Di Pasquale, a cura di, Rievocare il passato. Memoria culturale e identità territoriali, Pisa, Pisa University Press, 2017
- Dei, M. C. Carratù, Passato vivente. Feste, giochi e rievocazioni storiche in Toscana /A Living Past. Festivals, Games and Historical Reenactments in Tuscany, Pisa, Pacini, 2018
- Dei, C. Di Pasquale, a cura di, Le rievocazioni storiche. Feste civiche e cultura popolare in Toscana, Roma, Donzelli, 2023
nei quali le analisi, frutto di ricerche effettuate prevalentemente sulle feste e rievocazioni della Toscana, hanno permesso un certo approfondimento tecnico-scientifico. I risultati in essi contenuti sono risultati di grande interesse e utilità, oltre che per i rievocatori stessi molto attenti alle novità sul tema, anche per la stesura di normative dedicate al mondo rievocativo, una su tutte la nuova Legge Regionale Toscana dedicata alle rievocazioni del 3 agosto 2021, n. 27, “Valorizzazione del patrimonio storico – culturale intangibile e della cultura popolare della Toscana. Disciplina delle rievocazioni storiche regionali”, e per la legge nazionale sulle rievocazioni storiche adesso in discussione in Commissione Cultura della Camera dei Deputati.
La rievocazione storica non ha avuto in passato grande considerazione da parte del mondo scientifico, le motivazioni potrebbero essere varie e diverse, ma negli ultimi anni, in particolare dopo il coinvolgimento da parte dei rievocatori nelle loro discussioni e forum di storici e antropologi, questo settore ha avuto la possibilità di aprirsi e a suscitare un certo interesse anche nel mondo scientifico.
Per farne momento di memoria, ricordo gli interventi agli Stati Generali della Rievocazione Storica, avvenuti a Firenze nel Palagio di Parte Guelfa il 9 e 10 aprile 2016, del prof. Marxiano Melotti dell’Università degli Studi di Milano, del prof. Giovanni Brizzi dell’Università di Bologna, del prof. Adolfo Morganti di San Marino, del prof. Paolo Giulierini, archeologo e direttore del Museo Archeologico di Napoli, e quelli avvenuti nella seconda edizione di Gubbio, all’interno del Festival del Medioevo del 30 settembre e 1 ottobre 2017, del prof. Tommaso di Carpegna dei Falconieri, prof. associato di Storia medievale all’Università di Urbino e del prof. Franco Franceschi dell’Università di Siena.
In questi incontri, sollecitati anche dal forte interesse dei rievocatori stessi, si è divulgata l’idea che la rievocazione storica abbia anche un interesse scientifico, situazione che in passato ha stentato a decollare.
A Firenze abbiamo alcuni documenti che attestano alcuni tentativi di avvicinamento del mondo dei giochi storici con alcuni professori universitari, sono certo che in molte altre parti d’Italia ce ne sono stati numerosi, ma ad esempio, all’interno del Calcio Storico Fiorentino negli anni ‘80 del novecento tentando di costituire una sorta di comitato scientifico, con lo scopo di analizzare l’attività dal punto di vista storico, la presenza del prof. Franco Cardini, medievista dell’Università di Firenze, del prof. Duccio Balestracci, storico dell’Università di Siena, Prof. Fulvio Bettoni, storico dell’Università di Perugia, prof. Giovanni Cherubini storico dell’Università di Firenze, prof. Alessandro Falassi, antropologo dell’Università UCLA della California, prof. Ugo Barlozzetti, storico dell’arte dell’Accademia di Firenze e molti altri coinvolti, avrebbe dato garanzie di studio e approfondimento del fenomeno, ma non abbiamo trovato altre notizie tranne brevi verbali di costituzione del comitato e brevi proposte sulla suddivisione dei quartieri e sui costumi, né potuto apprezzare i risultati di un eventuale lavoro. Le motivazioni potrebbero essere di diversa natura, tecniche, politiche, di opportunità, di conoscenza o di scarsa propensione ad aprirsi al mondo anche da parte dei rievocatori, ma non possiamo constatare la continuità, elemento fondamentale per procedere ad un lavoro stabile, costante e di lunga durata.
In un incontro conviviale di qualche anno fa, ricordo una frase che mi colpì molto all’interno di un discorso di benvenuto: “dobbiamo mantenere il nostro gioco in uno scrigno”, escludendo ogni forma di apertura e di critica verso una più ampia diffusione delle competenze. Credo che questi momenti siano abbastanza comuni a molte rievocazioni, feste e manifestazioni storiche della nostra nazione, credo che l’apertura a nuove possibilità di critica e di ricerca possano solo migliorare il mondo rievocativo, rendere consapevoli i protagonisti e essere patrimonio culturale di un certo rilievo.
Il nuovo approccio e le manifestazioni di interesse da parte del mondo scientifico degli ultimi anni ha portato anche il Ministero della Cultura a lavorare sulle rievocazioni attraverso l’opera dell’Istituto per il Patrimonio Immateriale che ha commissionato studi e ricerche a partire da un’indagine nazionale sulle rievocazioni storiche che ha censito oltre duemila rievocazioni (sappiamo che il numero è per difetto) e studi antropologici specifici come quello del prof. Dario Nardini sul Corteo e il Calcio fiorentino i cui risultati sono apprezzabili nel volume
Dario Nardini, Il Calcio storico fiorentino, La rievocazione tra patrimonio e “identità”, Biblioteca di Lares, Firenze, Casa Editrice Leo Olslchky, 2023
e di ricerca antropologica sul Palio di Siena e su moltissime altre rievocazioni nazionali.
Apprezzando il lavoro scientifico fin qui effettuato, si rileva anche la possibilità di trovare indicazioni e risultati spesso sorprendenti per i rievocatori che, a volte, non vorrebbero ammettere (più che altro a se stessi), che errori ricostruttivi o superficialità organizzative influiscono in modo determinante sull’attività performativa delle loro manifestazioni o delle performance storiche, a partire da una classificazione delle varie tipologie di eventi storici dove i rievocatori vorrebbero collocarsi, ma che da un’analisi storico-antropologica della loro manifestazione risulterebbero in una categoria piuttosto che in un’altra. Fabio Dei, antropologo dell’Università di Pisa ha dato importanti indicazioni sull’aspetto classificatorio che ci permettono, all’attualità, di poter categorizzare e distinguere le Feste storiche, da un Archeodromo, da un Gioco Storico, da una Gara di Sbandieratori e tanto altro…
Forse è già arrivato il momento di fare un ulteriore salto in avanti.
Le analisi statistiche, etnografiche e antropologiche hanno configurato un panorama nazionale ricchissimo, composto da sfaccettature che si intersecano nelle varie categorie di rievocazione, e l’incentivazione del coinvolgimento degli storici, di coloro che potrebbero entrare in analisi più tecniche della rievocazione con lo scopo di migliorare la qualità delle nostre rappresentazioni, si configura come essenziale. Gli storici del costume possono contribuire a realizzare abiti storici più coerenti per non cadere nel banale, storici medievisti e di altri periodi rievocati potrebbero suggerire un percorso tecnico per radicare la rievocazione alla documentazione storico scientifica del territorio, legandola ad eventi certi e comprovati da ricerche documentali, cercando di evitare manifestazioni generiche che, molto spesso, sono l’evoluzione dell’antica festa del paese.
L’AIPH – Associazione Italiana di Public History, ha stilato un breve Glossario della rievocazione storica consultabile on line sul sito dell’associazione, promuove il dibattito nazionale e internazionale tra i Public Historians e credo sia un importante passo in avanti per cercare di ben definire la materia della quale i rievocatori hanno grande necessità.
Proprio per questo metto in risalto un altro punto sul quale dovremmo prima o poi ragionare, quello della “confusione” che si crea tra due terminologie che spesso vengono associate per giustificare, a volte, l’evoluzione della manifestazione. Si tratta della commistione tra tradizione e rievocazione.
Se Hobsbawm, ci parla dell’invenzione della tradizione nel volume
Eric J. Hobsbawn e Terence Ranger, L’invenzione della tradizione, Cambridge University Press, Cambridge, 1983, tradotto in italiano da Einaudi
dove le tradizioni ci appaiono o si pretendono antiche, ma che in realtà hanno spesso un’origine piuttosto recente, dove la “consuetudine” non si deve confondere con i vecchi modi di agire, possiamo o non possiamo annoverare tra queste anche le rievocazioni storiche?
È abbastanza semplice ricordare che la differenza tra tradizione e rievocazione può variare a seconda del contesto, ma ciò che abbiamo fatto fino ad oggi, è sufficiente per non confondere, oppure c’è davvero un’integrazione tra due evidenti manifestazioni di cultura popolare?
Se la tradizione si riferisce a pratiche, credenze, costumi, valori o modi di fare che vengono tramandati da una generazione all’altra, che hanno radici storiche e culturali profonde e possono essere parte integrante di una comunità o di una società, che tendono ad essere continuative nel tempo e possono essere mantenute nel corso delle generazioni senza necessariamente essere rievocate in maniera specifica, la rievocazione è veramente un atto o un processo di richiamare, ricreare o riprodurre eventi passati o periodi storici? Se la rievocazione è un evento che viene tramandato di padre in figlio, che ha radici storico-culturali profonde, può essere anche tradizione?
Molti hanno definito la rievocazione una modalità legata a specifici eventi, a caratteristici costumi di un periodo storico, a stili di vita o situazioni del passato che possono essere ricostruiti e che spesso coinvolge una partecipazione attiva delle persone che cercano di ricreare quegli elementi nel modo più fedele possibile, a differenza della tradizione, la rievocazione è, di norma, un’attività più specifica e mirata nel tempo, che si focalizza su periodi storici o eventi particolari. Se perdura nel tempo, se viene tramandata di padre in figlio, se coinvolge migliaia di persone che vedono nella rievocazione un rito, una consuetudine, possiamo definirla essa stessa una tradizione?
Quindi, mentre la tradizione si riferisce a pratiche culturali o sociali che si tramandano nel tempo, la rievocazione è più specificamente legata alla riproduzione o al richiamo di eventi o aspetti del passato. A mio parere, tuttavia, è importante notare che le definizioni generali possano sovrapporsi e il contesto specifico può influenzare il significato di entrambi i concetti.
Credo siano spunti sui quali sia necessario un approfondimento da mettere in parallelo. Sui concetti di riferimento tra le tradizioni popolari messi in rapporto con la rievocazione storica c’è ancora qualche nodo da sciogliere e uno studio scientifico approfondito auspicabile, sarebbe apprezzato da tutto il mondo rievocativo.
Nuove sfide ci aspettano all’orizzonte, il contributo di tutti è prezioso.
© Filippo Giovannelli – Tutti i diritti riservati